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Attenzione: questo videogioco può causare dipendenza

“Sei sempre davanti al computer!”, con tutte le possibili declinazioni legate a console, schermi televisivi, dispositivi portatili… quante volte ci siamo sentiti ripetere queste parole? Per alcuni, diventa una specie di sottofondo costante al proprio momento di svago videoludico. Però, giusto per una volta, proviamo a metterci nei loro panni: e se stessimo davvero passando troppo tempo con i videogiochi?
Se vi chiedessi di pensare alla parola “dipendenza”, quale sarebbe la prima cosa a saltarvi in mente? Con tutta probabilità, pensereste alle droghe. Qualcuno potrebbe pensare alle sigarette, qualcuno al cibo, ma dubito pensereste ai videogiochi. E ad Internet? Si può dipendere da qualcosa che non è “fisico”, che non si assume e non si fuma, che non si può davvero usare, ma del quale si può usufruire? Sono tutte bellissime domande (o, almeno, dal punto di visto psicologico sono affascinanti!), ma torniamo a parlare di videogiochi.

In realtà, l’esistenza stessa della “cyber dipendenza” è oggetto di un forte dibattito. Il primo a proporre la possibilità di sviluppare una dipendenza da Internet fu Ivan Goldberg nel lontano 1995, postando un commento su un forum utilizzato principalmente da psichiatri: il tono voleva essere satirico, ma dal 1995 ad oggi la presenza di Internet nella nostra vita ha fatto sparire ogni sfumatura goliardica, lasciando solo la possibilità che la passione possa trasformarsi in ossessione. Dall’altra parte della barricata, la vita quotidiana di ognuno di noi viene vista come un soggetto in via di mutamento: sarebbe proprio questo il fine ultimo delle nuove tecnologie, reinventare l’umanità, i suoi modi di fare e le sue passioni. Non esisterebbe quindi la possibilità di sviluppare una dipendenza, quanto piuttosto il progredire verso uno stile di vita “del futuro”.
Gli studi fatti sulla dipendenza da videogiochi si basano quasi interamente sugli MMORPG (Massive Multiplayer Online Role-Playing Games), e quando si parla di questo genere non si può non pensare a World of Warcraft. I dati variano molto in base alle scale di misurazione utilizzate, più o meno come i gradi Kelvin sono molto più alti rispetto ai gradi Celsius quando si parla di temperatura. In generale, però, sono stati identificati tre fattori della personalità di un videogiocatore che potrebbero facilitare l’insorgere di una vera e propria dipendenza:

Il processo di individuazione e di separazione dal mondo dei genitori, necessario perché ogni adolescente possa formare la propria identità;
Utilizzo dei videogiochi come metodo di fuga dalla realtà, per evitare i conflitti ed ogni comunicazione con i genitori;
Utilizzo dei videogiochi in risposta al crollo dell’immagine di Sé.

Tranquilli, capisco benissimo che possa essere tutto piuttosto nebuloso, anche perché lo “psicologichese” è una lingua che cerca di rendere complesse anche le cose più semplici. Abbassiamo la difficoltà di gioco, mettiamo su “Principiante” e vediamo di capirci qualcosa di più. Immaginate, o meglio cercate di ricordare come fosse la vostra vita da adolescenti. Inizi a capire di essere una persona a se stante, vuoi essere libero, ma non puoi fare a meno dei tuoi genitori, queste figure mitologiche che odi e ami allo stesso tempo. Ci sono cambiamenti di ogni genere sia all’interno della persona che nella realtà circostante, sembra non esserci più nessuna certezza, si diventa un po’ come Balto, che non sapeva decidere se essere cane o essere lupo: sono adulto o sono bambino? Cosa voglio essere? “Sicuramente non voglio diventare come i miei”, l’abbiamo pensato tutti almeno una volta. Ed è qui che, per molti, entrano in scena i videogiochi. Loro non cambiano, sono disponibili 24 ore al giorno, ci offrono un mondo certo, in cui possiamo immergerci completamente. Altro elemento da non sottovalutare, quando giochiamo ad un MMORPG creiamo un avatar, creiamo un’identità che non è per forza la nostra, ma che potrebbe essere. Se sei lo stereotipo del nerd, puoi diventare un guerriero impavido che affronta qualsiasi battaglia a testa alta. Infine, il fatto di essere online consente ai videogiocatori di costruire relazioni, di formare una comunità di persone con interessi comuni interni al gioco e non solo.

Il problema si crea quando questa realtà perfetta viene a sostituirsi alla realtà di ogni giorno, quando diventa l’unico modo per una persona di andare avanti. Se i videogiochi diventano una specie di anestetico con cui sedare tutti i propri problemi e mettere a tacere ogni dubbio, si corre il rischio di ricorrervi sempre più spesso, per soddisfare il bisogno di certezza, di sicurezza. Ma questa sensazione piacevole non è illimitata, ed ecco che arriva il momento di “down”, in cui tutte le sensazioni negative che si provavano all’inizio sono amplificate dalla mancanza di ciò che ci ha fatto stare bene. E ricomincia il ciclo, altro giro, altra corsa.
Ovviamente, come capita sempre in psicologia, non possiamo pensare a degli assoluti. Non è detto che ogni persona con scarsa autostima o che sta attraversando un periodo particolarmente stressante di grandi cambianti sviluppi una dipendenza, ma esiste questa possibilità. Cosa fare per evitare di cadere nel circolo vizioso? Mettiamola così: la prossima volta che sentite dire “sei sempre davanti al computer!”, non rimandate tutto al mittente, fermatevi un attimo a pensare a quanto tempo avete effettivamente passato davanti ad un monitor. Avete fame? Vi fanno male le gambe? Forse è il caso di spegnere… in fin dei conti, hanno inventato i salvataggi per un motivo, no?

Gabriele Barone
Laureato in psicologia e appassionato di videogiochi, è uno degli amministratori del blog psicologia dei videogiochi.

Gabriele Barone
Laureato in psicologia e appassionato di videogiochi, è uno degli amministratori del blog psicologia dei videogiochi.

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